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Una competizione può essere più o meno violenta. In una competizione non violenta si stabiliscono regole (obblighi e divieti) che i contendenti devono rispettare. Tuttavia, ci può essere violenza nello stabilire le regole, nel senso che ognuno vorrebbe stabilire regole a sé più favorevoli.
 
Tra tutti gli umani vi è una competizione permanente, spesso dissimulata, che solo gli ingenui non vedono. Una competizione che riguarda i valori umani, da cui dipende la posizione gerarchica intellettuale, morale, estetica ed economica di ciascuno. Dall’esito, sempre instabile, di tale competizione dipende l’assegnazione dell’autorità e dei privilegi nei gruppi sociali, e la regolazione della cooperazione.
 
Amiamo tutto ciò che favorisce la nostra competitività.
 
Certe persone competono per dimostrare di essere i meno interessati alla competizione, come se competere fosse una cosa di cui vergognarsi.
 
La competizione tra umani può assumere forme paradossali. Infatti alcuni competono per dimostrare di essere più sottomessi, più obbedienti, più servizievoli, più disciplinati e più umili di altri. Lo fanno per ottenere dei compensi o dei privilegi sociali o divini.
 
Non c’è nessun metodo che garantisca la vittoria, ci sono solo errori da non commettere.
 
Qualunque descrizione della realtà di un essere umano è infinitamente più piccola e più semplice della realtà stessa.
 
Una persona che cerca di aumentare la propria bellezza vorrebbe essere più bella di altre persone. La bellezza è terreno di competizione. Lo stesso vale per la bellezza dei manufatti.
 
L'uomo è l'unico animale che compete di nascosto e inconsciamente con i suoi simili, in ogni contesto, dai conflitti all'interno di una coppia o di un gruppo a quelli tra stati. Gli altri animali, invece, competono apertamente.
 
Quando il più debole non riconosce la superiorità del più forte, il più forte fa la guerra al più debole, e la vince.
 
L'istinto di competizione è geneticamente programmato nella natura umana. Si compete anche a chi la sa più lunga, a chi è più virtuoso, a chi è più morale, a chi è più politicamente corretto, a chi è più rispettoso degli altri, a chi è più immune dall'istinto di competizione! Lo status game si nasconde dietro ogni interazione umana, anche se ci hanno insegnato (con successo) a rimuoverlo dalla coscienza.
 
Guai se X afferma di essere meglio di Y. Se Y ci crede, si deprime, se non ci crede, disprezza X.
 
La scarsità dei miei muscoli è stata compensata dall'abbondanza della mia rete neurale.
 
Rinunciare alla competizione significa scegliere di vivere come eremiti o come servi. Io credo che la competizione non debba essere eliminata, ma demimistificata, svelata, regolata, limitata, arbitrata, gestita con intelligenza, lealtà ed empatia, insieme con la cooperazione, la selezione (che implica una certa competizione) e l'imitazione, le quattro motivazioni sociali fondamentali.
 
Di ogni umano ci chiediamo (consciamente o inconsciamente): può farmi concorrenza? In cosa?
 
Due desideri che convergono sullo stesso oggetto si fanno scambievolmente ostacolo. Qualsiasi mimesis che verta sul desiderio va automaticamente a sfociare nel conflitto.
 
Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù.
 
Uno dei motivi del successo del cristianesimo è la glorificazione dei perdenti. Per questi è una consolazione, per i vincenti un'ipocrisia.
 
Tra le persone che rifiutano la competizione ci sono coloro che non temono di risultare perdenti e coloro che lo temono.
 
L'umiltà è considerata una virtù perché ognuno è preoccupato del suo rango sociale e si rilassa quando gli altri si abbassano.
 
Il piacere della vittoria comporta il piacere del conflitto.
 
Se due individui qualsiasi desiderano la stessa cosa, e questa non può essere goduta da entrambi, essi diventano nemici.
 
Non abusare della propria forza per stupire i deboli è la caratteristica di ogni spirito nobile ed elevato.
 
Nei tipi scattanti abbondano le false partenze.
 
Il potere rende competitivi.
 
L'idea dell'uguaglianza sociale è una buona scusa per evitare la competizione interpersonale.
 
L'uomo è un animale competitivo (oltre che cooperativo). Compete non solo in prima persona, ma anche come fazioso sostenitore di altri competitori, come si vede chiaramente negli sport, in politica, nelle religioni e nelle varie forme culturali.
 
Non esistono amici o nemici, ma solo concorrenti.
 
In ogni umano convivono due motivazioni fondamentali e antitetiche verso altri umani: una alla cooperazione e una alla competizione. In alcuni prevale la prima, in altri la seconda.
 
La competizione tra esseri umani è esaltata dal rispetto, dalle lodi e dagli omaggi che le masse rivolgono ai vincitori.
 
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